Una volta c’era la separazione per colpa. Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975 un coniuge, senza il consenso dell’altro coniuge, non poteva ottenere la separazione se non in presenza di gravi fatti.
In altre parole se non veniva raggiunto un accordo in base al quale la separazione veniva chiesta da entrambi, un coniuge non aveva la possibilità di separarsi, se non in presenza di situazioni gravi dettagliatamente elencate nel codice civile (adulterio del marito o della moglie, volontario abbandono del coniuge, minacce e ingiurie gravi nei confronti del coniuge, mancata fissazione della residenza da parte del marito, condanna penale superiore ai cinque anni di reclusione ecc.)
Quindi, un tempo la separazione giudiziale dei coniugi presupponeva sempre la colpa.
Con la riforma del diritto di famiglia, non esiste più la colpa nella separazione.
Tuttavia, se un coniuge ritiene che il fallimento del matrimonio sia stato causato da scelte o comportamenti dell’altro coniuge, può chiedere l’addebito della separazione a quest’ultimo.
La richiesta di addebito, quindi, è una domanda eventuale ed accessoria a quella principale di separazione.
Secondo l’art. 151, comma 2, c.c. “il giudice, pronunciando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi è addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.
L’addebito della separazione
L’addebito della separazione è uno degli aspetti più delicati e del diritto di famiglia italiano. Si tratta di una pronuncia, emessa dal giudice, che attribuisce la responsabilità della crisi coniugale a uno dei coniugi, riconoscendo che il comportamento di quest’ultimo ha violato i doveri coniugali sanciti dall’art. 143 del Codice Civile.
I presupposti per l’addebito
Perché vi sia un addebito della separazione, è necessario dimostrare:
- La violazione dei doveri coniugali: questi includono obblighi quali la fedeltà reciproca, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia e la coabitazione.
- Il nesso causale: la condotta contestata deve essere la causa principale ed effettiva dell’intollerabilità della convivenza e, quindi, della separazione.
È importante sottolineare che non tutte le violazioni dei doveri coniugali conducono automaticamente all’addebito. Ad esempio, se il comportamento lesivo è stato preceduto da una crisi già irreversibile della coppia, non sarà considerarlo causa determinante della separazione.
La prova dell’addebito
L’onere della prova ricade sulla parte che richiede l’addebito. Questo implica la necessità di fornire evidenze concrete, come testimonianze, documenti o, nei casi più gravi, investigazioni che dimostrino la condotta contestata. La valutazione del giudice si basa su un’attenta analisi delle circostanze specifiche del caso.
Conseguenze dell’addebito
La pronuncia di addebito della separazione ad un coniuge ha delle conseguenza sul piano patrimoniale:
- Perdita del diritto all’assegno di mantenimento: il coniuge a cui è addebitata la separazione perde il diritto a ricevere l’assegno di mantenimento dall’altro coniuge, indipendentemente dalla propria condizione economica. Rimane comunque garantito l’assegno alimentare qualora versasse in stato di bisogno, ai sensi dell’art. 438 c.c.
- La perdita dei diritti successori: il coniuge a cui viene addebitata la separazione non può vantare diritti sull’eredità dell’altro, salvo quanto previsto dall’art. 548, comma 2, c.c. in caso di necessità.
Conclusioni
L’addebito della separazione rappresenta uno strumento giuridico rilevante per tutelare il coniuge leso, ma richiede un’analisi approfondita delle circostanze e delle prove a supporto.
La consulenza di un legale esperto è indispensabile per affrontare il procedimento con consapevolezza e per orientare le parti verso la soluzione più adeguata ai loro interessi.
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