A marzo del 2016 mio marito ha venduto un terreno ed è stato fatto un contratto preliminare di compravendita dal notaio con relativa caparra da parte dall’acquirente.
Sull’atto preliminare è stato scritto che l’atto definitivo doveva essere stipulato “entro e non oltre il termine del 31/03/2017“, ma non avendo ricevuto notizie da parte dell’acquirente abbiamo inviato raccomandata aperta con diffida ad adempiere entro e non oltre i 15 giorni dopo lo scadere del termine dal 31/03.
la raccomandata è stata ricevuta dall’acquirente il 28/03 e subito ci ha contattato dicendoci che ha bisogno di almeno altri sei mesi; ma non vogliamo dargli altri sei mesi di tempo, visto che ha avuto un anno per poter sistemare tutti i suoi problemi. E soprattutto dava per scontato che avremmo accettato senza problemi…. anche perché non gli avessimo inviato raccomandata non ci avrebbe neanche avvisati.
Ora chiedo è possibile da parte nostra considerare nullo e risolto il contratto preliminare di compravendita? o siamo obbligati ad accettare i suoi tempi, che per ora sono sei mesi… ma potrebbe diventare anche un anno? Vi ringrazio anticipatamente.
Valentina
Il contratto preliminare è un accordo preparatorio con cui le parti si obbligano a concludere un successivo contratto definitivo, le cui caratteristiche e condizioni sono in gran parte già definite con il preliminare.
Il contratto preliminare, per essere considerato tale e, quindi, valido vincolo obbligatorio a contrarre, deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto, ovvero l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma scritta, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.
Nel contratto preliminare, poi, viene sempre indicato il termine entro cui la parti dovranno stipulare il contratto definitivo. Ma cosa succede se quel termine decorre senza che l’atto sia stipulato?
Ebbene, in questi casi, le conseguenze sono diverse a seconda della natura del termine: occorre cioè verificare se il termine in questione è a) un termine essenziale o b) un termine “semplice”.
a) Il “termine essenziale” è quello che provoca la risoluzione di diritto del contratto con efficacia automatica, (1457 cod. civ.); in questo caso la risoluzione del preliminare si attiva automaticamente con il solo superamento del termine senza che le parti abbiano stipulato l’atto definitivo. In presenza di un termine essenziale, quindi, non occorre inviare diffide di sorta, in quanto la risoluzione – e, quindi, la perdita di efficacia del contratto preliminare – opera automaticamente con l’inutile decorso del termine.
b) Diversamente, se il termine non è essenziale (o “semplice“), il suo mancato rispetto non determinerà automaticamente la risoluzione del contratto: in questo caso la parte che non vuole fare l’atto definitivo sarà inadempiente e in mora, ma il contratto preliminare resterà ancora vincolante.
La differenza tra i due tipi di termine è dunque molto importante, poiché solo in presenza del mancato rispetto del termine essenziale il contratto potrà considerarsi risolto di diritto, mentre nel caso del termine semplice il preliminare continuerò ad essere ancora efficacie per le parti contraenti.
Chiarito ciò, occorre adesso stabilire se il termine indicato nel contratto preliminare in questione sia essenziale oppure no: sull’atto preliminare è stato scritto che l’atto definitivo doveva essere stipulato “entro e non oltre il termine del 31/03/2017”
Ebbene va detto subito che la mera espressione “entro e non oltre” non attribuisce carattere essenziale al termine.
Sul punto, infatti, la giurisprudenza è chiara: il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale “solo quando, dalle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo; tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’’espressione “entro e non oltre”, quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata” (Cassazione civile , sez. II, 22 ottobre 2014 n. 22454).
In altre parole, il termine è essenziale solo se i contraenti lo hanno precisato espressamente nel contratto, e/o quando, a causa del ritardo, l’utilità economica avuta presente dalle parti possa essere perduta.
Suppongo, quindi, che nel contratto preliminare in questione il termine apposto non abbia carattere essenziale: pertanto, poiché l’inutile decorso del termine non ha determinato automaticamente la risoluzione del preliminare, bene ha fatto Valentina ad inviare la diffida alla parte promissaria acquirente.
Ora, se la lettera inviata da Valentina aveva i requisiti propri della diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 cod. civ. il decorso del termine di 15 giorni indicato nella lettera ha comportato la risoluzione di diritto del contratto.
Infatti, l’art. 1454 cod. civ. prevede che “alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s’intenderà senz’altro risoluto. Il termine non può essere inferiore a 15 giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto“.
Pertanto, l’invio di una lettera di diffida (ricevuta dall’altra parte il 28/3), con invito a concludere il contratto definitivo entro 15 giorni, con contestuale dichiarazione che, decorso detto termine, il contratto preliminare si intenderà risolto, determinerà la risoluzione di diritto del preliminare per inadempimento della parte promissaria acquirente con effetto dal 13/4/2017 (decorsi 15 giorni dalla data di ricevimento della raccomandata) se entro lo stesso termine non verrà stipulato l’atto notarile.
Concludendo: se il contratto si risolve per la mancata conclusione del contratto definitivo imputabile alla volontà dell’acquirente entro il termine di 15 giorni di cui alla diffida, il marito di Valentina (parte pomittente venditrice) potrà legittimamente trattenere la caparra ricevuta e vendere ad altri il terreno.
Stefano
E quindi? cosa vuol dire questo articolo? capisco che “entro e non oltre” non stabilisce il termine ultimo, ma il compratore fino a quanto può sforare in termini di tempo da quella data? anche perché scaduta la stessa, una bella lettere di diffida dell’avvocato invitandolo ad adempiere ai doveri presi non gliela toglie nessuno, così come non credo che “entro e non oltre” significhi che da quella data in poi possono passare 5 mesi o anche un anno…
salvatore
mi pare giusto , ed aggiungo a mio modesto avviso quando si stipula un contratto , o preliminare e meglio che le parti mettono tutto nero su bianco , in maniera chiara e trasparente che alla scadenza prestabilita , superati i quindici giorni dopo la scadenza , se non viene onorato il contratto , il venditore è libero di tenersi l’anticipo , e vendere a chi vuole , l’acquirente perde tutto , se viceversa il venditore ci ripensa deve dare indietro il doppio della caparra , ma ovviamente deve essere tutto sottoscritto e confermato dalle parti in presenza di due testimoni .